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Quest’ultimo contributo di Antonio Poce è la testimonianza che lo studio non può prescindere dalla ricerca dell’Altro, testimonianza di novità e dunque di speranza. Addentrandosi in spazi eterotopici, riconosciamo elementi comuni e conseguenziali, nonché i filosofi della luce: Platone, Agostino d’Ippona, Sohrevardi.

Agostino è artefice della congiunzione fra mondo pagano e quello cristiano: annuncia verità e criteri di giudizio che non possono derivare dalla percezione dei sensi, ontologicamente mutevole, né attingere dalla mera esperienza. Tuttavia, mentre in Platone con la teoria della reminiscenza si facevano derivare tali verità o criteri dal mondo delle idee, Agostino stesso con la teoria dell’illuminazione, li faceva provenire da Dio in base al principio che la verità immutabile non è la ragione sic et sempliciter, ma la legge della ragione.

Lo sforzo è quello di ricercare la spiegazione di questo mondo nella sua dimensione reale, che non è né sensibile né quello astratto dei concetti: un universo in cui il mondo dell’Angelo è una realtà che è determinata nell’essere stesso e non in un mito che dipende da infrastrutture socio-politiche ed economiche.

Anche il mondo di Sohrevardi e dei platonici di Persia era uno schema dei mondi che contrastava con la dicotomia sensibile/astratto e si fondava sulla potenza immaginativa e sulla potenza agente che è immaginatrice, così avvicinandosi irreversibilmente ad Agostino. Il fascino della loro teosofia è immutato e Antonio Poce ce lo rappresenta.

                                                                                                       Francisco Soriano

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